Alla luce del panorama odierno dell’architettura in Italia e in Spagna, e della scarsa conoscenza di quella italiana e soprattutto romana degli anni cinquanta e sessanta, la vicenda professionale dell’architetto Julio Lafuente è piuttosto incredibile, ma probabilmente lo fu anche allora.
Il racconto segue il filo dei miei incontri, quasi sempre casuali e a distanza di anni, con le architetture di Lafuente, inquadrati però a posteriori nella vicenda dell’architetto raccontata da tutti quelli che se ne sono occupati.
Nel 1952 voleva andare a New York perchè si era innamorato del Seagram Building di Mies e voleva costruire, ma un amico di Madrid gli consigliò la più vicina Roma dove l’architettura moderna si stava sviluppando molto nei villini e nelle palazzine dei Parioli.
Il titolo Inseguendo Lafuente non avrebbe neanche bisogno di troppe spiegazioni se non nascondesse un divertente paradosso, cioè il fatto che in un certo senso è stato lui ad inseguire me, visto che ho scoperto più volte casualmente opere sue, da collaboratore e da architetto, in posti diversi e in situazioni inaspettate, a dimostrazione del fatto che Roma Moderna è così poco conosciuta e raccontata, che forse è più facile incontrarla per strada che sui libri.